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Benessere del Corpo e dello Spirito

Acqua ossigenata: proprietà, usi e benefici

Salute

Che cos’é l’acqua ossigenata

L’acqua ossigenata (perossido d’idrogeno) è una sostanza chimica composta da due atomi di idrogeno e da due di ossigeno (formula: H2O2), che quindi è dotata di un atomo in più rispetto alla normale molecola dell’acqua.

Grazie alla sua efficace attività ossidante, sbiancante e disinfettante essa trova largo impiego per numerosi scopi sia estetici che terapeutici.

In generale le sue proprietà organolettiche si rivelano particolarmente benefiche per l’organismo, soprattutto in quanto esso riconosce il composto come sostanza biologicamente affine.

In purezza il perossido d’idrogeno ha l’aspetto di un liquido incolore e dall’odore pungente, che svolge anche un’azione mediamente corrosiva.

Nove benefici incredibili dell’acqua ossigenata per la nostra salute

1. Igiene del cavo orale

Il cavo orale è sede di numerosi microrganismi patogeni che in condizioni fisiologiche non provocano l’insorgenza di nessun disturbo mentre quando le difese immunitarie sono diminuite, possono provocare numerosi disturbi, in grado di modificare la normale composizione chimica della bocca. L’acqua ossigenata può essere adoperata come efficace detergente e disinfettante della bocca. Grazie alla sua capacità intrinseca di sviluppare una schiuma altamente batteriostatica, il perossido di idrogeno consente di effettuare una pulizia profonda di denti e spazi interdentali, contribuendo a bloccare la replicazione dei microrganismi infettanti.
Inoltre l’acqua ossigenata è molto efficace per rimuovere la placca dalla superficie linguale, depurandola da tutte le tossine accumulate in seguito ai processi di deglutizione e di masticazione.

2. Schiarisce i denti

Utilizzando un cucchiaino di perossido di idrogeno diluito al 10% si ottiene un eccellente collutorio in grado di schiarire i denti.
Infatti la particolare struttura chimica di questo composto è in grado di penetrare all’interno della struttura del tessuto osseo costituente i denti.
Vi sono alcune macchie come quelle provocate dal caffè, vino rosso, cioccolata e nicotina, che difficilmente vengono eliminate dallo smalto dentale.
Tali inestetismi contribuiscono al deterioramento dei denti che appaiono discromici oltre che a modificare il loro stato funzionale.
Il perossido di idrogeno viene considerato la sostanza sbiancante per eccellenza da usare occasionalmente e non costantemente dato che può determinare irritazioni a livello dei tessuti gengivali.

3. Elimina le micosi plantari

Le micosi plantari sono disturbi piuttosto comuni causati da funghi unicellulari che si annidano soprattutto sulla pianta del piede o negli spazi interdigitali.
La loro proliferazione viene facilitata dal calore e dall’umidità tipici dei piedi soprattutto in inverno quando sono rivestiti da calzini o ancor peggio da tubolari di spugna.
L’impiego di acqua ossigenata per pediluvi tiepidi da realizzare alla sera prima di andare a letto impedisce lo sviluppo di queste micosi plantari, in quanto provoca la rottura della parete cellulare di tali parassiti patogeni.

4. Allevia i sintomi della sinusite

Mescolando in parti uguali acqua ossigenata e acqua pura, si ottiene una soluzione da introdurre nelle narici con un contagocce.
Lasciando agire per alcuni minuti questo prodotto, il perossido di idrogeno penetra all’interno delle vie aeree superiori e provoca la fluidificazione delle secrezioni catarrali depositate nei seni paranasali.
Tale benefico effetto dipende dalla proprietà ossidante dell’acqua ossigenata che anche in questo caso svolge una notevole azione antinfiammatoria e battericida a livello della mucosa nasale.

5. Migliora i disturbi dermatologici

I principali agenti eziologici dei disturbi della pelle sono batteri responsabili della comparsa dell’acne o della foruncolosi, soprattutto in età giovanile. Dato che molto frequentemente tali disturbi vengono complicati da una sovrainfezione micotica, l’impiego di acqua ossigenata consente l’uccisione di tutti i microrganismi coinvolti e il miglioramento dello stato cutaneo.
Per garantire risultati sicuri, è necessario che l’acqua ossigenata sia diluita in parti uguali con acqua pura e sia applicata tramite un batuffolo di ovatta per qualche minuto sulle zone affette da acne.

6. Elimina i sintomi dell’otite

Instillando una sola goccia di acqua ossigenata pura all’interno del meato uditivo affetto da otite catarrale, è possibile eliminare in breve tempo la sintomatologia ad essa associata, poiché anche in questo caso il perossido di idrogeno provoca la rottura della parete cellulare dei batteri responsabili del disturbo auricolare e ne determina la morte.
Questo trattamento si è rivelato particolarmente efficace anche nei casi in cui, dopo una nuotata, all’interno dell’orecchio sia rimasta una certa quantità di acqua marina che provoca una sgradevole sensazione.

7. Sbianca le unghie

Mettendo un cucchiaio di acqua ossigenata in un pentolino di acqua calda e lasciandovi a bagno le dita per almeno un quarto d’ora, si ottiene un notevole sbiancamento della superficie ungueale.
Tale trattamento risulta indicato soprattutto per i fumatori che hanno le unghie ingiallite da depositi di nicotina.
In questa situazione il perossido di idrogeno, penetrando tra l’unghia e la pelle, agisce come agente sbiancante in quanto ottimizza la produzione di melanina, che è il pigmento maggiormente coinvolto nelle alterazioni cromatiche dell’apparato tegumentario.

8. Schiarisce le macchie cutanee

Molto spesso l’aspetto dell’epidermide viene peggiorato dalla presenza di macchie cutanee provocate da iperpigmentazione oppure da esposizione ai raggi solari senza l’impiego di un adeguato filtro.
Bagnando le zone della pelle che si desidera schiarire con una soluzione di acqua ossigenata e acqua pura versata su un batuffolo di ovatta, è facile riscontrare che dopo qualche settimana di trattamento si è raggiunto l’obiettivo prefissato.
Infatti il perossido di idrogeno determina l’eliminazione dei pigmenti cutanei responsabili delle macchie in seguito ad una variazione di pressione osmotica intracellulare, responsabile della rottura delle membrane cellulari.

9. Induce il vomito

In caso di avvelenamento un rimedio casalingo di grande efficacia è rappresentato da una soluzione di acqua ossigenata e acqua pura in parti di 3:2, o nei casi più gravi di 2:1.
Mentre di solito il vomito è un sintomo decisamente sgradevole e fastidioso, in alcune circostanze può essere invece un vero e proprio salvavita, soprattutto quando è necessario eliminare sostanze tossiche ingerite accidentalmente.
In questi casi è necessario agire con urgenza, anche prima di arrivare al pronto soccorso se il percorso è troppo lungo, e quindi risulta di fondamentale importanza bere tempestivamente questa soluzione emetica. Il perossido di idrogeno agisce a livello del centro encefalico del vomito stimolando i recettori chimici tramite un’azione combinata di neurotrasmettitori e modulatori biologici.
Si tratta comunque di un rimedio piuttosto drastico, da eseguire in casi di effettiva necessità.

Il potere di un abbraccio: perché è così importante per la nostra salute

Benessere

Cosa accade nella mente umana quando si da o si riceve un abbraccio?

La scienza ha provato che un gesto così comune e semplice come l’abbraccio può avere effetti benefici sullo stato psicofisico delle persone. L’abbraccio stimola la produzione di ossitocina che rende più forte il sistema immunitario riducendo lo stress e la sintomatologia che da esso deriva.

Abbracci come cura all’ansia e la depressione

Talvolta basta un abbraccio per calmare uno stato ansioso, depressivo o addirittura gli attacchi di panico. Un gesto spontaneo che è in grado di far ritrovare l’equilibrio necessario a mente e corpo donando una piacevole sensazione di benessere. Stringere tra le braccia un’altra persona non costa niente e non è un obbligo ma un atto che proviene da una volontà che spesso va oltre il nostro controllo tanta è la spinta di gentilezza, affetto, empaticità verso l’altro. Basta un millesimo di secondo per mettere in perfetta sintonia due esseri umani che in quell’attimo smettono di essere due entità divise unendosi in un’unica anima. Questo preciso istante è quello in cui si scatena la reazione emotiva che porta ai benefici dell’abbraccio.

Attualmente ci troviamo in una società in cui il contatto fisico si riduce ai minimi termini a causa della tecnologia che, pur avendo molti vantaggi, ha portato a avere amicizie e conoscenze a distanza. Si sta quindi perdendo l’abitudine ad essere toccati, accarezzati e baciati anche semplicemente come gesto d’affetto e amicizia.

Tuttavia sono molti gli studi scientifici che dimostrano quanto il contatto fisico e quindi gli abbracci ricevuti fin dai primissimi giorni di vita, siano in grado di migliorare l’umore delle persone fin da bambini aumentandone l’autostima. Nei soggetti adulti ha un potere calmante e ansiolitico in quanto gli abbracci hanno il potere di condizionare l’umore in modo positivo donando a ciascuno quella sicurezza di cui ogni persona necessità.

L’importanza dell’abbraccio è stato messo in evidenza da biologi e scienziati che hanno saputo descrivere con le loro ricerche e studi tutto ciò che è stato scoperto riguardo alla funzione dell’abbraccio nella salute dell’uomo. L’abbraccio agisce già a livello cutaneo con il contatto tra pelle e pelle che consente di azionare differenti aree cerebrali che hanno il compito e la capacità di mostrare e riconoscere ogni emozione e il significato che ognuna di esse rappresenta.

Hug therapy: un abbraccio per ritrovare la felicità

Se oggi ti senti triste o anche se non lo sei vai ad abbracciare qualcuno e regalati una buona dose di felicità oltre a regalarla alla persona che avrà la fortuna di incontrarti. Se già non lo fai, impara ad abbracciare in modo spontaneo e senza alcuna vergogna, proprio come avviene tra bambini. Abbandonarsi tra le braccia dell’altro con fiducia mettendo da parte ogni remora e limite imposto da un’educazione sbagliata e una società che insegna ad essere freddi e distaccati. Lasciati avvolgere da un calore affettivo incondizionato che nulla chiede e nulla vuole se non essere ricambiato con puro entusiasmo.

Se sei tu a fare il primo passo, allarga le braccia e richiudile con dolce fermezza intorno al corpo di chi lo riceve senza aspettarti niente in cambio. Dona il tuo contatto facendo sentire la tua voglia di essere una cosa sola. Tale atteggiamento consentirà di riattivare la connessione tra voi stimolando la produzione di ossitocina, sostanza nota anche con il nome di ormone dell’amore. In questo modo si attivano misteriosi effetti benefici che si possono rilevare in ogni essere umano che si senta amato e accolto con risvolti positivi in campo psicologico, emotivo e sociale.

Dalla pelle al cuore fino al cervello attraverso l’abbraccio

Ogni volta che abbracci, stringi le mani e le braccia avvolgendo chi sta di fronte a te. L’organo umano che viene coinvolto maggiormente in questa azione è la pelle. l’epidermide è un insieme di recettori che servono a riconoscere ogni informazione tattile ricevuta dall’esterno consentendoti di recepirle e selezionarle. Tutte le informazioni raccolte giungono al cervello e vengono distribuite nelle aree cerebrali predisposte a codificarle secondo le diverse tipologie di fibre nervose coinvolte.

In special modo, tutte le sensazioni provocate attraverso il senso del tatto senza che abbiano un valore affettivo, come ad esempio, quando vieni afferrato per un braccio, vengono trasmesse dalle fibre mieliniche alla corteccia sensoriale. Mentre ogni informazione che ha un senso affettivo, come può essere una carezza effettuata da una persona a te vicina, si diffonde tramite la fibra amielinica la corteccia dell’insula. Quest’ultima opera in modo coerente con le differenti zone del cervello ed ha un importantissima funzione nella vita emotiva dell’essere umano. Si può dire quindi che l’abbraccio che ricevi o che doni parte dalla pelle e arriva fino al cervello per poi sfociare in una serie di emozioni positive che condizionano la salute provocando benessere.

In un abbraccio mille esplosioni di emozioni

Tramite l’abbraccio si riesce a comunicare una serie di sensazioni come la paura, la rabbia, il disgusto ma anche l’amore, la riconoscenza e una semplice simpatia. Tutte emozioni che possono essere comunicate con le diverse espressioni del viso che sono uguali in ogni parte del mondo. Le emozioni che accompagnano l’abbraccio si possono leggere anche nei movimenti delle mani mentre si accingono ad abbracciare un’altra persona. Ad esempio se chi ti abbraccia è accompagnato dalle mani strofinate sulla tua schiena è probabile che vi sia tristezza mentre se le mani sono ferme solitamente accompagnano un sentimento di simpatia.

L’importanza dell’abbraccio come sostegno sociale

L’abbraccio non serve solo per trasmettere un emozione particolare ma consente anche di donare o ricevere un sostegno a livello sociale. Un messaggio importante che esprime comprensione, sostegno e calore umano, un gesto che ricopre un ruolo fondamentale per restituire dignità e voglia di vivere in alcuni casi difficili della vita. Come dice Coelho un abbraccio significa che non si è un pericolo per l’altro, le braccia aperte dimostrano la completa innocenza di pensiero e l’apertura verso l’altra persona mettendosi in una situazione di non difesa. Vuol dire inoltre che non hai paura dell’altro, che può rilassarsi e mettersi a proprio agio sentendosi protetto e apprezzato.

La voglia di vivere che ti avvolge

L’importanza dell’abbraccio in senso sociale viene avvalorata da molti studi che dimostrano quanto oggi la mancanza di questo genere di contatto possa creare molti problemi sociali. Quindi non aspettare oltre e vai ad abbracciare qualcuno a te vicino oppure, facendo volontariato ad esempio, avrai molte occasioni per valutare l’importanza sociale dell’abbraccio.

L’importanza degli abbracci nel mondo animale

Abbracciarsi non è una prerogativa degli esseri umani, ti sarà capitato di assistere a momenti emozionanti in cui gli animali sembrano abbracciarsi. Forse l’hai visto in un documentario oppure di persona, non è certo una cosa strana ma un comportamento normale in quanto il senso di benessere è lo stesso. Uno scambio di affetto ma non solo questo, gli animali si abbracciano anche per una questione pratica dovuta alla necessità di trattenere il calore e non raffreddarsi.

Il calore dell’abbraccio

Un esempio classico è quello rappresentato dai grandi assemblamenti di pinguini che si riuniscono in un grande abbraccio collettivo per proteggersi dal freddo.
Ci sono poi animali come i koala che abbracciano il loro albero per la motivazione opposta, ovvero per raffreddarsi nelle giornate molto calde. Le specie animali che più somigliano all’essere umano come le scimmie, il gesto di abbracciarsi viene usato come un semplice saluto amichevole che avviene ogni volta che si incontrano tra esemplari che si conoscono. Inoltre queste specie abbracciano i loro piccoli dimostrando amore e protezione.

La reazione endocrina dell’abbraccio

Avvolgere con le braccia un’altra persona è una delle forme più positive tra i gesti che mostrano affetto come può essere il bacio o una carezza. L’abbraccio riesce a stimolare la più grande produzione di ossitocina, ovvero l’ormone dell’amore che ha notevoli benefici su ogni dimensione chiave che riguarda la salute e il benessere psico-fisico.

Tale sostanza migliora la situazione psicologica, emotiva e sociale che aiuta a ridurre le problematiche e le incomprensioni tra le persone oltre a migliorare i rapporti rendendoli più sinceri ed empatici. Un vero e proprio collante tra le persone che non devi mai trascurare. L’abbraccio inoltre è importante per migliorare la funzione cardiovascolare che sono strettamente legate allo stress e alla sfera emotiva. Un abbraccio può salvarti la vita, non rinunciarci mai.

Shikata Ga Nai: cos’è e come si pratica

Benessere

Ognuno di noi è consapevole del fatto che molti eventi della vita non dipendono dalla nostra volontà. Sarà capitato sicuramente anche a te di trovarti in una situazione difficile senza sapere cosa fare, senza avere la minima di idea di come comportarti e soprattutto di quali scelte fare, con la grande paura di prendere quella sbagliata.

La realtà è che, in alcuni casi, non è proprio possibile far qualcosa e, nonostante tutti i tuoi sforzi, un evento si realizza in modo diverso da come avresti voluto. Ciò può procurarti delle conseguenze come malesseri interiori, stati di ansia, tristezza e a volte la temibile depressione. Episodi come un dolore, un avvenimento improvviso, un lutto o un incidente purtroppo fanno parte integrante della nostra vita ed il modo in cui vengono vissuti è molto importante.

Shikata ga nai, è un termine giapponese che indica proprio questo, una sorta di sottomissione davanti a fatti ineluttabili, mantenendo la giusta dignità ed avendo la consapevolezza che a volte bisogna chinare semplicemente la testa ed andare avanti nonostante tutto. Attenzione, però, perché non si tratta di rassegnazione. La vera forza di questo concetto risiede nella comprensione, che può venire considerata una vera e propria presa di coscienza, del fatto che situazioni drammatiche fanno semplicemente parte della vita a prescindere da qualsiasi azione tu possa fare; quindi è necessario sapere accettare ed andare avanti, usando quell’occasione per diventare più forte.

Il concetto di Shikata ga nai

Sebbene questo modo di vivere sia insito nella cultura giapponese e nel modo che ogni singolo individuo ha nell’affrontare avvenimenti difficili, lo Shikata ga nai (paragonabile al concetto del non c’è niente da fare o c’èst la vie) è emerso in modo evidente durante le catastrofi naturali che hanno colpito il Giappone, come nel caso dello tsunami del 2011 o, ancora di più, come i tragici eventi legati alla Seconda Guerra Mondiale.

Ebbene, proprio in quelle situazione così drammatiche ed improvvise, che avrebbero potuto mettere in ginocchio un intero popolo e la sua dignità, è emersa in modo prepotente questa filosofia di vita, che ha permesso di guardare avanti nonostante le perdite in vite umane. Il Shikata ga nai non significa negare ciò che accade e far finta di non subirne le conseguenze, anzi.

Esso è invece la piena consapevolezza che il dolore esiste e fa parte della vita e come tale deve essere vissuto e superato per poter proseguire nella propria vita e rinascere più forte di prima. Questa filosofia è importante per ciascuno di noi perché ci permette di non essere schiacciati dagli eventi più o meno drammatici che accadono sul nostro percorso.

Essa al contrario ci aiuta ad imparare da essi per liberare l’anima da quel senso di oppressione che ci prende quando pensiamo di non essere stati in grado di evitare che qualcosa di brutto accadesse. Non ha senso, infatti, che tu continui a pensare a cosa sarebbe successo “se” avessi fatto una cosa piuttosto che un’altra, “se” fossi stato in posto diverso, “se”…. e tanti altri “se” che vanno a sommarsi l’un con l’altro. Un evento accade comunque e spesso non c’è nulla che si possa fare per modificarlo.

Shikata ga nai nella tua vita

La prima cosa che devi comprendere, però, è che lo Shikata ga nai non rappresenta un concetto negativo, anzi. Se capito ed applicato fino in fondo è un potente mezzo attraverso il quale potrai vivere in modo più sereno, con maggiore energia e voglia di fare. Sentimenti come rabbia, ira, dolore, infatti, rischiano alla lunga di imprigionarti e non ti permettono di guardare ai fatti con la lucidità necessaria per essere propositivo e per aver ben chiaro in mente che cosa poter fare e come agire.

Ciò che in apparenza potrebbe sembrarti un segno di vulnerabilità e debolezza, in realtà è una grande prova di forza e saggezza. Naturalmente lo Shikata ga nai va imparato e messo in pratica lentamente, poco per volta perché deve cominciare ad essere un concetto che fa parte di te in modo assolutamente naturale e senza forzatura alcuna. Ci sono dei precisi passi da seguire affinché ciò avvenga.

A questo proposito in commercio si trovano vari libri sull’argomento, che insegnano a mettere in pratica gli insegnamenti dello Shikata ga nai nella tua vita. L’autrice Candice Kumai, nel suo scritto “l’arte giapponese di nutrire mente e spirito” elenca in dettaglio il percorso che devi seguire per mettere in pratica la filosofia dello Shikata ga nai. Lascia andare ciò che non puoi controllare per vivere in pace con te stesso, i tuoi simili e con il mondo.

Come mettere in pratica lo Shikata ga nai

La parte fisica

Come per ogni parte del tuo corpo, anche lo spirito va allenato per raggiungere questa consapevolezza. Come fare? Ci sono dei semplici passi da seguire che, all’inizio dovrai sforzarti di applicare in modo sistematico, ma che poi ti verranno del tutto naturali.
Il primo riguarda un aspetto fondamentale di tutta la filosofia orientale, ovvero la respirazione. Un respiro profondo, infatti, ti porta a rimetterti in contatto con la realtà che ti circonda, a prendere di nuovo coscienza di te mantenendoti con i piedi per terra, con la consapevolezza di sapere esattamente chi sei e dove ti trovi.

La parte spirituale

Immediatamente collegato a questo aspetto c’è la cura di te stesso. Ogni giorno devi dedicarti dello spazio temporale che possa essere occupato solamente dalla tua persona, e questo è riferito sia al tuo corpo che alla tua mente. Prendendoti del tempo prezioso e delle pause avrai la possibilità di poter ristabilire non solo il tuo equilibrio interno e la percezione del tuo stato d’animo ma anche del tuo benessere fisico. La vita quotidiana, infatti, impone dei ritmi frenetici che alla lunga portano a stressarti, vivendo male le situazioni che si possono presentare sul tuo percorso. Quindi ritagliare un po’ di tempo da dedicare a ciò che ami di più diventa pressoché fondamentale.

Il confronto

Non devi mai fare dei paragoni con la tua situazione e quella delle altre persone. Il modo in cui tu percepisci il tuo prossimo ed il mondo in cui vive non è detto che sia la realtà. Magari puoi pensare che gli altri si sentano meglio di te, più felici e soddisfatti e questo ti può creare una grande frustrazione. Sforzati di andare avanti per la tua strada senza confrontarti con altri.

L’aiuto degli altri e della natura

Ci sono inoltre dei momenti della vita in cui non è proprio possibile far tutto da soli; in quei casi non devi assolutamente aver paura o provare vergogna di chiedere aiuto a chi ti sta vicino oppure a chi sai che può far qualcosa per te. Questo non è per nulla un segno di debolezza, ma al contrario può rafforzare enormemente il tuo spirito. I tuoi amici o la tua famiglia saprà starti vicino nel realizzare gli insegnamenti del Shikata ga nai.

Cerca poi di curare al massimo il tuo rapporto con la natura che ti circonda. Dedica più tempo possibile al contatto con essa poiché è in grado di trasmetterti quella serenità e quella pace necessarie a ritrovare un tuo personale equilibrio interno. L’ideale sarebbe quello di cercare di camminare almeno un’ora ogni giorno in un parco o in un bosco, respirando profondamente cercando di sgombrare la mente dai pensieri che la attanagliano.

Quando una situazione ti sembra difficile da accettare, capire e superare forse è perché la guardi da un unico e semplice punto di vista che potrebbe rivelarsi sbagliato. Quindi la cosa migliore dovrebbe essere proprio quella di cercare di cambiare la prospettiva perché questo ti aiuterà a trovare svariate soluzioni che invece pensavi, o credevi, non ci fossero.

Questi esposti sono dei semplici, ma essenziali, punti da tener presente se vuoi iniziare a praticare la filosofia del Shikata ga nai nella tua vita quotidiana.

In conclusione

Agli inizi potrebbe risultare molto difficile, se non proprio impossibile, affrontare le difficoltà della vita come suggeriscono i giapponesi, ma man mano che scorre il tempo ti accorgerai di come sia più gratificante e di come possa rendere la tua esistenza più serena, riuscendo a tenere il più possibile sotto controllo i vari sentimenti negativi.

Cosa sono gli acufeni e come curarli

Salute

Che cosa sono gli acufeni

Gli acufeni consistono in fastidiosi rumori che si verificano a intermittenza ma costantemente anche in assenza di stimolazioni sonore; questo fenomeno si concretizza dunque in una percezione uditiva di ronzio continuativo.

La natura dell’acufene si presenta con estrema variabilità e intensità; può essere infatti lieve oppure acuto, permanente o temporaneo, penetrante o superficiale.

In alcuni casi può assumere le caratteristiche di una vera e propria malattia, in grado di condizionare la vita del soggetto, creando un notevole disagio sociale.

Nella realtà dei fatti, gli acufeni, più che una malattia conclamata, costituiscono il sintomo di un disturbo comune a diverse patologie, tutte comunque relative ad anomalie funzionali dei circuiti neuronali dato che è il cervello a controllare la percezione uditiva.

L’epidemilogia del ronzio auricolare è piuttosto elevata; secondo le più recenti stime si calcola che un individuo su dieci soffra di questo disturbo sia unilaterale (quando un solo orecchio viene coinvolto) sia, in maggior misura, bilaterale (quando entrambe le orecchie sono interessate al disagio).

Una percentuale del 10% conferma pertanto un’incidenza notevole, che porta a considerare gli acufeni come un problema sociale, soprattutto nella terza età.

In base alle rilevazioni scientifiche audiometriche, si distinguono due forme del disturbo:
– tinnitus soggettivo
si tratta dell’acufene vero e proprio che si manifesta quando è soltanto il paziente ad avvertire un ronzio in quanto non esistono fonti sonore udibili;
– tinnitus obiettivo
si verifica quando il ronzio viene sentito anche da persone circostanti, rappresentando quindi una fonte esterna reale; non è il vero acufene.

Quali sono le cause degli acufeni

In alcuni casi i ronzii auricolari svaniscono con tempistiche piuttosto limitate e scompaiono poche ore dopo essersi verificati. Questo accade quando viene sparato un colpo di pistola vicino all’orecchio oppure ascoltando musica martellante presso discoteche o concerti.
In tali situazioni il fenomeno è reversibile e limitato al verificarsi di alcuni fattori predisponenti.
Per altri pazienti, al contrario, gli acufeni costituiscono un disagio costante e indipendente da stimolazioni sonore; si tratta di un disturbo di probabile natura neurologica sulle cui cause è necessario indagare con attenzione.

Le cause degli acufeni si distinguono in varie tipologie.

– Cause neurologiche
Comprendono il gruppo più numeroso di fattori predisponenti, che sono riconducibili a traumi cranici, neurinomi acustici (neoplasie auricolari), sclerosi multipla e tutte le alterazioni funzionali del nervo acustico

– Cause infettive
In questo caso i fattori che portano all’insorgenza degli acufeni sono di natura batterica, come il meningococco che causa la meningite, il pneumococco per l’influenza, oppure il Treponema pallidum nel caso della sifilide.

– Cause oggettive
Alcuni farmaci come i FANS, i salicilati, i chemioterapici o gli amminoglicosidi comportano tra gli effetti collaterali anche l’insorgenza di ronzii alle orecchie.
Inoltre, l’abuso di sostanze alcoliche, di caffeina o l’assunzione di diuretici possono peggiorare la percezione degli acufeni.

– Cause muscolari
Gli acufeni di origine muscolare sono conseguenti a spasmi dei muscoli masticatori, a tensioni muscolari della colonna vertebrale oppure a contrazioni spastiche delle fibre connettive auricolari.

– Cause otologiche
Questo gruppo sono compresi tutti i fattori predisponenti all’insorgenza di acufeni che dipendono da patologie dell’orecchio, tra cui l’otite catarrale, la malattia di Meniere, l’otosclerosi, la presbiacusia (diminuzione della percezione uditiva a causa dell’invecchiamento), o anche semplicemente la formazione di tappi ceruminosi a livello del condotto uditivo esterno.

In alcuni pazienti predisposti, gli acufeni vengono innescati da fenomeni ipertensivi, da aterosclerosi o da sindromi anemiche.

Per diagnosticare la presenza di questo disturbo è necessario effettuare un esame audiometrico completato da una prova di movimento. Trattandosi di una malattia multifattoriale, è comunque piuttosto complesso riuscire ad arrivare ad una diagnosi certa, per la quale vengono richiesti anche esami del sangue e a volte prove diagnostiche di tipo strumentale.

Quali sono i trattamenti indicati in caso di acufene

Il primo rimedio per affrontare in maniera adeguata il ronzio auricolare è quello di evitare il più possibile l’esposizione a vibrazioni sonore di alta intensità, come volumi elevati di televisione, musica o cinema, oppure stimoli estremi come martelli pneumatici, spari di arma da fuoco o altro.

Alcuni specialisti suggeriscono di circondarsi con un costante rumore di bassa intensità, come quello di musica a basso volume o anche di un ventilatore: esso sarebbe in grado di coprire l’insopportabile ronzio alle orecchie.

Un rimedio particolarmente efficace è quello di dormire in posizione semi-eretta, appoggiando la testa almeno su due cuscini oppure sollevando il materasso per consentire un appoggio del capo sopra al corpo.

Anche lo yoga si è rivelato un supporto efficace per allentare lo stress ripercuotendosi positivamente sullo stato di salute di tutto l’organismo.
Alcuni pazienti sottoposti a terapie con agopuntura o ipnosi hanno ottenuto notevoli benefici.

Dal punto di vista dietetico è consigliabile assumere fermenti lattici probiotici in associazione a prolungate terapie antibiotiche per rinforzare le difese immunitarie.
È inoltre necessario seguire una dieta equilibrata e sana, ricca di verdura, frutta e alimenti integrali e povera di grassi e carboidrati semplici.

Tra i fitofarmaci maggiormente utilizzati in caso di acufene ci sono:
– ginkgo biloba, che viene impiegato per le sue notevoli proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e neuroprotettive;
– actea racemosa, che trova largo impiego nella preparazione di rimedi omeopatici;
– erbe sedative, le quali sono utilizzate per diminuire la tensione nervosa che spesso provoca l’insorgenza di ronzio auricolare.

Dal punto di vista farmacologico, i trattamenti maggiormente raccomandati sono quelli sintomatici, che devono essere utilizzati soltanto dopo l’identificazione della causa scatenante. Pertanto possono essere farmaci ipotensivi, antidepressivi oppure antibiotici quando gli acufeni dipendono da infezioni batteriche.

Soltanto quando il problema assume una rilevanza notevole, è possibile avvalersi dell’ausilio di apparecchi acustici in grado di mascherare il ronzio auricolare.
Una delle soluzioni migliori rimane comunque quella della prevenzione, consistente nella periodica ed accurata pulizia delle orecchie, allo scopo di evitare la formazione ed il deposito di cerume nel condotto uditivo esterno.

È poi consigliabile servirsi di protezioni acustiche in tutte le occasioni in cui siano presenti stimolazioni eccessive.
Bisogna infine rispettare le norme di sicurezza nei luoghi di lavoro indossando specifiche cuffie se il rumore supera la soglia di decibel accettati.

Il Glutammato Monosodico fa male? Ecco cosa dicono gli studi

Salute

Che cos’é il glutammato monosodico

Il glutammato monosodico è un sale derivante dalla reazione tra l’acido glutammico (un aminoacido che si trova nelle proteine) e il sodio.
L’acido glutammico, a sua volta, è un composto naturale presente in numerosi alimenti, tra cui funghi, pomodori, latte e latticini, parmigiano, oltre che in molte alghe.

Di aspetto cristallino e di colore bianco, il glutammato di sodio trova largo impiego nella produzione dei dadi da brodo, sia in forma compatta sia granulare, e in una grande quantità di insaporitori per cibi.

Si tratta probabilmente del più comune esaltatore di sapidità utilizzato dall’industria alimentare, che lo aggiunge soprattutto a prodotti come pesci, carni e alcuni tipi di vegetali.

Grazie alle sue specifiche proprietà organolettiche, questa sostanza è in grado di stimolare i recettori sensoriali gustativi localizzati a livello della superficie linguale, provocando una piacevole sensazione.

Scoperto negli anni venti da un ricercatore giapponese, il glutammato rimane ancora oggi uno dei principali additivi utilizzati in quel Paese, il cui consumo mondiale si aggira intorno alle 200mila tonnellate all’anno.

La quantità di prodotto necessario per donare sapidità ai cibi è molto limitata, ma generalmente, dato che i recettori gustativi tendono ad adattarsi al suo sapore, essa aumenta progressivamente.

Negli Stati Uniti, in seguito a sperimentazioni di laboratorio, si è scoperto che il glutammato monosodico può essere estratto da scarti di bevande zuccherine, come lo sciroppo di glucosio oppure la melassa.
In seguito a tale ricerca, il suo consumo è aumentato moltissimo in relazione alla relativa facilità di produzione.

Il glutammato monosodico fa male?

Dopo un periodo in cui questo insaporitore è stato utilizzato in maniera massiccia, senza rispettare nessuna regola nutrizionale, anche perché, come accennato, la lingua si adatta facilmente al suo sapore, alcuni anni fa è insorta una problematica ad ampio raggio riguardante i potenziali danni derivanti dal suo impiego.

Intorno agli anni sessanta è stato portato avanti uno studio epidemiologico riguardante la così detta “sindrome da ristorante cinese”, consistente nella comparsa di cefalea, capogiri, tachicardia, disturbi della termoregolazione e palpitazioni soprattutto in soggetti che assumevano abbondantemente il glutammato.

Dato che il composto veniva aggiunto durante la preparazione di piatti tipici della gastronomia cinese, il disturbo prese appunto questo nome.

Questi sintomi compaiono in seguito a una probabile reazione allergizzante scatenata dalle molecole del composto, che, arrivando a contatto con le sinapsi neuronali, provoca la liberazione di elevate quantità di istamina.

Negli anni cinquanta, altri ricercatori si concentrarono sull’analisi delle conseguenze derivanti dall’impiego di glutammato a livello degli occhi, evidenziando una correlazione tra il composto e l’assottigliamento della membrana retinica, responsabile di un progressivo deterioramento della vista (in particolare dell’acuità visiva).

In alcuni soggetti predisposti, l’impiego continuativo dell’insaporitore ha contribuito all’insorgenza di disturbi di natura neurovegetativa di vario tipo.

Il principale pericolo è comunque relazionabile a un impiego continuativo di glutammato che sarebbe responsabile della tossicità cronica da esso derivante; in persone che hanno sospeso il suo utilizzo, infatti, l’epidemiologia dei disturbi risulta molto minore.

Dato che chimicamente il glutammato monosodico appartiene alla categoria dei sali, le conseguenze derivanti dal suo impiego sono quelle prodotte tipicamente da questi composti, e precisamente:

  • aumento della pressione arteriosa (ipertensione secondaria);
  • alterazioni del fisiologico ritmo del miocardio che tende a battere più spesso (tachicardia da rimbalzo);
  • potenziamento della capacità di trattenere liquidi extracellulari (ritenzione idrica con manifestazioni edematose).

A questi sintomi generalizzati possono aggiungersi fenomeni patologici più specifici, la cui insorgenza è strettamente condizionata dallo stato fisico dell’individuo.

Se ad esempio il sistema immunitario risulta compromesso e non perfettamente funzionante è probabile che si verifichino fenomeni allergici che non riescono ad essere contrastati adeguatamente.

Nel caso in cui il soggetto sia reduce da un lungo periodo di convalescenza, oppure si trovi in cattive condizioni fisiche, l’assunzione di glutammato monosodico può innescare pericolose reazioni avverse che, secondo recenti evidenze cliniche, potrebbero derivare da un’alterata reazione antigene/anticorpo.

Quando una persona soffre di ipertensione oppure di problemi funzionali del miocardio è assolutamente sconsigliato l‘utilizzo di questo prodotto in quanto le probabili reazioni nocive sono molto frequenti.

Anche durante il periodo gestazionale oppure nella fase di allattamento è necessario che la donna eviti di ingerire alimenti che contengono glutammato poiché potrebbe manifestare allergie di natura alimentare.

Secondo numerosi pediatri è indispensabile evitare che i bambini si nutrano con cibi insaporiti con questa sostanza sia per la probabile comparsa di effetti collaterali immediati, sia soprattutto per quelli a lungo termine, particolarmente dannosi nel periodo della prima infanzia.

Gli anziani, spesso affetti da patologie croniche come ipertensione, diabete, insufficienza cardiaca o renale, non devono nutrirsi con alimenti contenenti glutammato in quanto la sua azione può peggiorare notevolmente i loro disturbi.

Quando l’apparato renale non funziona adeguatamente, il metabolismo corporeo risulta alterato, con effetti nocivi per l’intero organismo; in persone affette da tale malattia (peraltro molto diffusa) è necessario evitare l’uso di insaporitori, scegliendo una dieta iposodica.

Parecchie persone che si servono abitualmente del composto per insaporire le vivande hanno anche lamentato un anomalo intorpidimento della parte posteriore del collo e della nuca, in grado di irradiarsi fino a spalle e arti superiori.

In alcuni casi sono stati riferiti fenomeni di pressione sulle guance, parestesie, costrizione al petto e lieve dolore alla mandibola, sempre collegabili all’utilizzo di glutammato.

Secondo le più recenti linee guida, questo prodotto potrebbe innescare mutamenti dell’umore, con la comparsa di nervosismo e irritabilità, disturbi del ritmo circadiano e deterioramento qualitativo del riposo notturno.

Se sintomi di questo genere diventano talmente forti da pregiudicare la qualità di vita diventa necessario, oltre che sospendere immediatamente l’assunzione di glutammato, effettuare accertamenti approfonditi per scoprire quale sia il collegamento con le diverse manifestazioni.

Un allergologo è il professionista a cui fare riferimento in questi casi, per impostare un corretto protocollo terapeutico e dietetico.

In generale si può quindi dedurre che, nonostante molti studi nutrizionistici abbiano confermato l’assoluta innocuità del glutammato, è comunque consigliabile limitarne l’impiego a brevi periodi di tempo, soprattutto per individui soggetti a qualche patologia.

Dieta dei 7 giorni del Dottor Migliaccio: in cosa consiste

Alimentazione, Tutto

Che cosa si intende per dieta dimagrante

Quando si presenta l’esigenza di perdere i chili di troppo è necessario fare in modo che il bilancio calorico sia negativo dato che soltanto in questo modo l’organismo viene spinto a consumare le riserve energetiche (solitamente di natura lipidica) potenziando il processo di lipolisi.

Il grasso corporeo si localizza in zone tipiche che sono glutei, fianchi, interno cosce e fondoschiena; è proprio in questi distretti che si localizzano i pannicoli adiposi consistenti in accumuli di cellule contenenti goccioline di lipidi.

A livello di tali pannicoli, molto frequentemente, subentra anche il fenomeno della cellulite, consistente in una degenerazione istologica del tessuto muscolare.

Una delle principali conseguenze di tale situazione è un’alterazione del microcircolo, con probabile fuoriuscita di liquidi verso gli spazi extracellulari; questo fenomeno contribuisce all’insorgenza della ritenzione idrica e degli edemi localizzati soprattutto nelle parti declivi del corpo.

A livello metabolico, una persona in sovrappeso non manifesta unicamente problemi estetici, ma anche funzionali dato che tutti gli apparati corporei si affaticano maggiormente nello svolgimento della loro attività.

L’esigenza di perdere peso si configura quindi come una necessità fisiologica dell’organismo che ha bisogno di ritornare a funzionare al meglio delle sue potenzialità.

Per essere efficace, qualsiasi dieta dimagrante deve garantire un apporto adeguato di nutrienti in quanto un’alimentazione sbilanciata provoca quasi sempre carenze responsabili dell’insorgenza di disturbi metabolici.

Il problema principale collegato all’impostazione di un regime nutritivo ipocalorico è quello di garantire all’organismo il giusto apporto di sostanze indispensabili al suo benessere consentendo nello stesso tempo una perdita di peso.

Inoltre, chi affronta una dieta dimagrante avverte l’esigenza di raggiungere risultati apprezzabili in breve tempo, poiché è molto frequente che subentrino scoraggiamento e sfiducia.

Pertanto un regime dietetico deve possedere determinati requisiti, che sono:
– bilanciamento dei nutrienti;
– varietà qualitativa;
– presenza di tutte le categorie fondamentali di sostanze (proteine, carboidrati, lipidi, vitamine e minerali);
– idratazione corretta;
– apporto calorico inferiore alla norma (se un’alimentazione normale prevede l’ntroduzione di circa 2000 calorie al giorno, quella ipocalorica deve assestarsi sulle 1200 calorie);
– tempistiche contenute.

In che cosa consiste la dieta del dottor Migliaccio

Il dottor Pietro Migliaccio, presidente della Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione, ha formulato una dieta dimagrante definita “la più facile del mondo”.

La sua attenzione si è concentrata principalmente sul fatto che, in molti casi, le condizioni logistiche possono condizionare moltissimo il corretto svolgimento di un regime dietetico, in particolare quando le persone si trovano costretti a mangiare fuori casa.

Seguire una dieta quando si lavora è particolarmente difficile dato che la tentazione di nutrirsi con snack oppure pasti veloci e squilibrati diventa quasi inevitabile.

Secondo le più aggiornate statistiche, una persona su dieci non riesce a rispettare le regole di un regime dimagrante sia per mancanza di tempo, sia per impossibilità di disporre di alimenti adeguati.

La dieta del dottor Migliaccio è in grado di superare tutte queste difficoltà, soprattutto poiché è stata formulata proprio per individui che mangiano fuori casa e che hanno a disposizione poco tempo per nutrirsi.

Si tratta di un regime nutritivo da 1200 calorie al giorno, basato su menù nutrienti, semplici e sani, ispirati alla tradizionale dieta mediterranea che, secondo l’opinione di tutti i dietologi, rappresenta la scelta ideale per perdere peso mantenendosi in salute.

Questa dieta, per nulla restrittiva e quindi facilmente applicabile, prevede ogni giorno tre pasti principali alternati a due spuntini; uno a metà mattina e uno prima di cena, che hanno lo scopo di spezzare il digiuno consentendo di arrivare ai pasti senza troppa fame.

Un importante aspetto collegato all’alimentazione è quello psicologico; infatti molto spesso si mangia non tanto per fame, ma piuttosto per nervosismo, soprattutto nei casi in cui si è presa la decisione di perdere peso.

In tali situazioni diventa molto frequente l’insorgenza di “fame nervosa” consistente in un’anomala stimolazione del centro encefalico dell’appetito eccitato da stimolazioni di tipo sensoriale.

Il programma del dottor Migliaccio tiene conto di tutti questi aspetti, allo scopo di rendere il percorso dietetico il più facile possibile, evitando troppe limitazioni che potrebbero ostacolare il raggiungimento degli obiettivi.

Uno dei più vantaggiosi requisiti di questo regime nutritivo è anche quello di evitare il pericoloso effetto “yo-yo” consistente nella ciclica alternanza tra fasi di dimagramento (durante la dieta) ed ingrassamento (dopo il termine della dieta).

Basandosi sulla dieta mediterranea, il programma del dottor Migliaccio può essere intrapreso da tutte le persone che non siano affette da patologie croniche, come diabete, insufficienza renale o cardiaca.

Quali sono le regole della dieta dei 7 giorni del dottor Migliaccio

I presupposti indispensabili per raggiungere l’obiettivo di perdere peso in breve tempo (tre giorni) mediante la dieta del dottor Migliaccio sono i seguenti:
– eliminare i condimenti optando per metodi di cottura alla griglia, al vapore, al cartoccio, al forno oppure alla piastra;
– fare largo impiego di erbe aromatiche per insaporire i cibi, evitando in tal modo di utilizzare grassi (sia crudi che soprattutto cotti);
– eliminare quasi completamente il sale che, facendo aumentare la pressione osmotica dei liquidi intracellulari, potenzia il fenomeno della ritenzione idrica;
– non mangiare latticini e uova più di una volta ogni sette giorni;
– non mangiare patate e legumi insieme a pietanze di altro tipo, ma unicamente come alternativa a minestra o pane;
– incentivare il consumo di verdura sia cruda che cotta al vapore e condita solamente con qualche goccia di limone;
– limitare il consumo di frutta zuccherina;
– scegliere alimenti non raffinati, meglio se integrali;
– calibrare bene le dosi di cibo per evitare di rimanere a digiuno per troppo tempo in quanto si verrebbero a creare dannosi picchi d’insulina;
– bere almeno due litri di acqua al giorno per migliorare il bilancio idrico.

La dieta del dottor Migliaccio, il cui programma è personalizzabile a seconda delle singole esigenze, consente di perdere facilmente peso in solo tre giorni.

Lo schema fondamentale prevede:
– prima colazione a base di latte scremato, caffè e due fette biscottate oppure 20 grammi di biscotti integrali;
– spuntino con uno yogurt o un frutto di stagione;
– pranzo comprendente 80 grammi di carne magra oppure bresaola o due uova o 120 grammi di pesce o anche 70 grammi di formaggio light, il tutto accompagnato da verdure a volontà;
– merenda con una barretta di cerali e una spremuta d’arancia;
– cena con alimenti simili a quelli del pranzo, variati secondo i gusti personali.
Soltanto due volte alla settimana è possibile mangiare 80 grammi di pasta o riso.

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